La prima Esortazione apostolica di Papa Francesco ha visto la luce il 24 novembre 2013, a pochi mesi dall'elezione al Soglio Pontificio, intitolata Evangelii gaudium sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale.
Il prof. Martin Schlag, Direttore del Centro di Ricerca Markets, Culture & Ethics, offre una riflessione sugli spunti dell'Enciclica che possono essere da stimolo al mondo dell'economia.
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Papa Francesco è diventato un personaggio riconosciuto in campo internazionale. Non mastica di economia ma è molto preoccupato per i poveri. Alcuni brani dei suoi scritti, soprattutto dell'Esortazione apostolica Evangelii gaudium, sono critici del sistema economico attuale. Per chiarire che apprezza e stima il lavoro degli operatori economici, ha scritto al World Economic Forum (WEF) a Davos: “La comunità imprenditoriale internazionale può contare su molti uomini e donne di grande onestà e integrità personale, il cui lavoro è ispirato e guidato da alti ideali di giustizia, generosità e preoccupazione per l'autentico sviluppo della famiglia umana. (…) Vi chiedo di fare in modo che la ricchezza sia al servizio dell’umanità e non la governi”.
In altre occasioni, Papa Francesco ha parlato della crisi economica. La interpreta come una crisi più ampia, morale, antropologica; crisi culturale dell’Occidente. La crisi non è una semplice pecca in un sistema meccanico, che si potrebbe riparare e tornare al business as usual. Purtroppo, esistono fra gli operatori finanziari ed economici alcuni che si comportano come cannibali: e non basta insegnare loro il galateo. Occorre far cambiare la dieta.
Per chi l’ha già cambiata o si sente piuttosto vittima di tante difficoltà, le parole del Papa possono servire come chiamata ad allargare lo sguardo aldilà della propria impresa. Vediamone alcune.
1. La fede cristiana ha una dimensione sociale - Papa Francesco si oppone all’individualismo salvifico, e si rifà alla prima comunità cristiana a Gerusalemme, in cui vediamo liturgia, catechesi, ma anche diakonia (servizio): solo questi tre elementi assieme danno la Chiesa.
2. I poveri vanno inclusi nell’economia - È il punto centrale del suo insegnamento in materia di dottrina sociale. Povertà è un concetto polisemantico. E Papa Francesco la misura di modo qualitativo: "Non c’è peggiore povertà materiale, mi preme sottolinearlo, di quella che non permette di guadagnarsi il pane e che priva della dignità del lavoro" (Discorso, 25 maggio 2013). Il Papa chiede riforme strutturali che permettano ai poveri di guadagnarsi il proprio sostentamento: “La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere, non solo per un’esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi". (Evangelii gaudium, n. 202).
3. Giustizia ed equità sono necessarie per l’economia - La giustizia è la virtù dei potenti. Lord Acton diceva che il potere tende a corrompere. Il potere assoluto corrompe assolutamente. Il potere esiste nelle relazioni sociali asimmetriche, tipiche dell’economia, che conosce equilibri fra uguali ma anche squilibri fra disuguagli. La giustizia fa il gran servizio di convertire il potere in autorità: necessaria e imprescindibile in ogni istituzione. “L’inequità è la radice dei mali sociali” (EG, n. 202). “Questo implica ‘eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale’” (EG, n. 173). Inequità non è mera disuguaglianza: in sé la disuguaglianza non è ingiusta e peraltro è inevitabile. Inequità sono piuttosto quelle disuguaglianze che sono ingiuste, frutto di strutture ingiuste.
4. Un mercato puro non funziona (e non esiste comunque) - “Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema” (EG, n. 202). Un grido profetico, diremmo, perché i concetti, economicamente parlando, vanno chiariti: il mercato puro non esiste in nessuna parte del mondo (tranne nel mercato nero); anche un certo tipo di speculazione finanziaria è buona. Il libero mercato non è solamente un semplice fenomeno economico, il più efficace distributore di beni e di servizi, ma un fenomeno etico: la libertà è un’esigenza della dignità umana; e dall’altro canto si è liberi solo essendo etici.
5. La corruzione distrugge la libera economia - Già a Buenos Aires, il Cardinale Bergoglio alzava la voce contro la corruzione: la corruzione non si perdona, si sana! La corruzione distrugge il libero mercato e perciò anche il mercato etico: la corruzione non premia lo sforzo e il merito, ma il favoritismo. Non esiste concorrenza leale in cui sono i consumatori a scegliere chi offre il prodotto migliore, ma sono i potenti che decidono. La corruzione gonfia la burocrazia, crea una cultura del sospetto,… è un vero cancro della società!
6. La concorrenza va ripensata dalla carità cristiana - La concorrenza leale è un elemento chiave della libera economia. Ha sempre e ovunque il risultato di abbassare i prezzi. La concorrenza leale favorisce i poveri! Stimola la creatività, l'arrivare prima dell’altro, l’offrire il prodotto migliore. È come una gara fra le imprese. La concorrenza fa sì che il prodotto che all’inizio era lusso diventa raggiungibile per tutti.
7. La finanza deve servire l’economia, non al rovescio - San Bernardino da Siena definiva il denaro come il “sangue” della società, che deve fluire al cuore e mantenere tutto il corpo in vita e salute. Innanzitutto, va detto che la finanza, come l’economia, è un bene, un “bene pubblico” nel senso di Adam Smith. Un rifiuto o una condanna tout court del sistema esistente sarebbe a mio avviso ingiusto. Ciononostante, qualcosa è andato storto: finanza creativa, ricchezza virtuale senza alcun legame con la realtà, giochi in borsa, non servono al bene comune. Tutto questo non può essere buono. Il sistema finanziario, le istituzioni di Wall Street, sono come i medici rispetto al flusso sanguineo, o i poliziotti del mercato: non devono immischiarsi e diventare partecipi nel gioco. Non devono poter trarre profitto dalle perdite dei loro clienti!
8. L’usura esiste! - Durante secoli, la morale cristiana vietava assolutamente ogni forma di interesse per un prestito. Certamente, nella sua assolutezza sbagliava e diventò insostenibile per il commercio monetizzato. Sorsero i cosiddetti titoli estrinseci che fecero possibile l’interesse per il finanziamento di operazioni mercantili, come prezzo per la liquidità. Oltre al fenomeno dell’usura come interesse smisurato, sfruttamento di una situazione di emergenza di un povero, il monito del Papa non ci potrebbe far pensare che un credito di mero consumo potrebbe essere illecito?
9. Liberiamoci dall’idolatria del denaro. - Forse questa è la più “religiosa” delle parole del Papa all’economia, che si rifà all’insegnamento di Gesù e cioè che non possiamo servire a Dio e a mammona. La libertà interiore dai soldi non è la spensieratezza o l’indifferenza dei ricchi, ma la fiducia in Dio Padre che ci sprona a preoccuparci dei bisogni dei poveri veri.
San Giovanni Paolo II una volta disse: io ho visto il crollo del comunismo, il mio successore vedrà il crollo del capitalismo. Si riferiva al capitalismo cattivo: all’idolatria dei soldi, senza regole legali, senza etica, senza cultura umanistica.